2011 - Quattro Sassi a Nord Est - 09/11 settembre

 

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Foto:
Foto di Giuseppe "Beepi" Candeago
Foto di Davide Fantin
Foto di Franco "Franz" Franceschini
Foto di Giuliano Chiavellin
Foto di Angelo "Il Barbone di Rimini" Pontini
Foto di Pietro "Pinese" Nese

Report:
Franco "Franz" Franceschini - Pietro "Pinese" Nese - Giuseppe "Beepi" Candeago - Davide Fantin


Franco "Franz" Franceschini

A me è piaciuto! 
Sono rientrato da poco dopo un fine settimana fatto di sole, polvere e tante curve. 
Che dire: 
-intanto il bel tempo che ha premiato gli organizzatori dopo la tanta, ma tanta tanta, acqua presa nele ricognizioni.
-poi una ventina di lissatioli DOC che se lo sono goduti. (uno anche non invitato) :-))
-ancora la disponibiltà di Sebastiano Jazbec che ci ha fatto da guida su strade e stradine infinite (oltre 300 km di cui un centinaio di strada bianca)
-le bottiglie di grappa che agli incontri veneti non sono mai mancate e MAI sono avanzate. :-)
-la constatazione che ci sono sempre meno transalp (ed in generale Honda) e sempre più carotine e carotoni.

Insomma, per essere il primo 4 sassi della storia veneta ci possiamo accontentare. 

Grazie a tutti

Franzstancoecontento

PS quando il lettore si decide di leggere la SD e mi fa vedere le foto fatte, pubblico il mio contributo, e ne aspetto molti altri! :-)

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Pietro "Pinese" Nese

Slovenja 9 settembre 2011.

I tappi fanno il loro lavoro, in autostrada, e la moto ronfa senza fastidiosi sibili. Si, lo so, non si potrebbe, ma duecento km di autostrada col rombo nelle orecchie non porterebbero maggiore attenzione alla strada. In tre ore sono al valico. Non c'è nessuno. Un casello con i vetri aperti, una caserma con l'erba che nasce dalle connessure del cemento, un night club con annesso casinò che sarà stato spostato alle nuove frontiere dell'europa unita. questa quì non è più una dogana. E' l'Europa. La benzina costa meno. 
La strada per Kobarid si stende sul fondo di una valle e non porta più che qualche timido segno di un'Italia che c'era e ormai non c'è più. Le vocali, vanto della lingua italiana, spariscono solo in parte, le scritte SOLA indicano che c'è una scuola nelle vicinanze. Ce ne sono tante, in giro, accanto a parole talvolta latineggianti, talvolta incomprensibili.

Da quel momento sono nella terra di France Preseren, e il clima che incontro, trovando all'albero Franz, Angelo, Franco, Giuliano e gli altri, è ben descritto nel suo sonetto: 

Zvadrjlika
Prijatli! Obrodile
so trte vince nam sladkó,
ki nam oživlja žile,
srce razjásni in oko,
ki utopi
vse skrbi,
v potrtih prsih up budi!

Il brindisi. 
Amici! Le viti
ci hanno fruttato del dolce vino
che ci ravviva le vene,
e ci schiarisce il cuore e l'occhio
e cancella
tutte le preoccupazioni
rinnovando la speranza nel petto affranto!

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Bostjan, che l'indomani sarà il nostro Virgilio, Beatrice e financo la Vergine Maria fra gli inferni, i purgatori e i paradisi sloveni, ci fa vedere un simpatico video motociclistico, girato con gli amici, servendoci la cena. Sassi smossi, pendenze improbabili, niente che sia fattibile con una balenottera come le nostre. Giuro che se vedrò un sasso di quelle dimensioni girerò la moto e tornerò indietro. 
Ci servono una trota alla piastra: cucinata con maestria, presentata con arte, commentata con rispetto, degustata con appetito, innaffiata con il giusto, ricordata con malinconia. 
Osservo lo stile di Giuliano a tavola, il piatto pulito, le lische raccolte in un angolo, i filetti disposti ordinatamente, per concentrarsi, poi, sui sapori. Vorrei aver lo stesso stile anch'io, ma la mia cialtroneria e la voglia di chiaccrare con i commensali, la fanno da padrone e sul mio piatto resta qualcosa che ricorda la Caporetto di novant'anni fa.
Si dorme in due per camera, facciamo a gara, fra me e il Barbon de Rimini, a chi dorme e chi russa, e sono subito le sette e trenta. Colazione e via, con l'afa che ci incolla, unico con il casco integrale e la giacca longuette fra gli agguerritissimi sadomaso-endurizzati. Bestia, pare di essere in un campo di carote. 640… 690… 950…
Guardo il 525 di Bostjan, vedo come la tratta e uggiolo quando la deposita bellamente sul fianco addosso a sassi e rive. Gli altri carotati se ne guardano bene. Abitudini diverse.
Si parte. Giuliano si piazza in fondo a far la scopa, io subito prima di lui, a passeggio per la Slovenja. 
Dopo un quaranta chilometri di sentiero sassoso che graffia le carene del Beepi, della Patrizia, del Falsi

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e non so di quanti altri, mentre il Bibo galleggia indifferente sul brecciolino che rispettosamente si scansa e il sottoscritto che nno sa perchè ma non è mai caduto, forse perchè andavo veramente a passo d'uomo lento, torniamo sull'asfalto per arrivare al lago Bled, dove sull'acqua argentina si specchia il più antico castello sloveno, donato dall'imperatore Enrico secondo al vescovo di Bressanone. Il rosso del coppo, il bianco della rupe, il blu dell'acqua si mostrano a noi per riprodurre la fiera bandiera slovena.
Il lago è poco profondo e sull'isoletta posta in centro emerge dal verde la chiesa dell'assunzione della Vergine, la cui navata è opera di un artista, tal "Patavino da Padova" che, se tanto mi dà tanto.. dovrebbe essere delle mie parti… 
La forra del Soca che si nasconde agli occhi dei turisti ci regala, su un tratto del sentiero smeraldo, colori primaverili in un'atmosfera sempre più calda e afosa che ci fa venir la voglia di un tuffo, non fossero i venti metri di salto e le rocce aguzze sul fondo a farci cambiare idea. 
Qualche pescatore con la canna di bambù frusta l'aria lanciando la coda di topo per tentar con la mosca le piccole ma notoriamente incazzatissime trote fario. Ci si inoltra in un faggeto, muschio verde, tronchi grigi, foglie argento, acqua smeraldina, passando su strade bianche per la gioia delle mie anakee semistradali.
Quarantotto tornanti per raggiungere il passo di Vrsic, nei pressi del luogo dove la Ajdovska deklica predisse quel che non doveva a chi non voleva sapere e fu pietrificata dalle invidiose compagne; ora sta lì a vigilare sul passo più alto della Slovenia fra la val Trenta e Kranska gora. 
La cascata Savica, per riempire le borrace, poi il lago Bohini. Ci son turisti in giro, donne discinte, bambini sguazzanti, odore di trote alla brace e rumore del complessino che polkeggia senza pietà per le nostre orecchie martoriate da sei ore di casco. 
Un mezzo litro di radler, tipica bevanda tedesca metà birra e metà limonata rinfresca senza appesantire le teste e si riparte, in direzione sud. Erba verde, strade bianche, mucche beige, capre marroni, cavalli neri. Anche il fieno ha un odore diverso, qui. Altre essenze pervadono l'aria, altri arbusti frustano il casco nei sentieri ora più stretti. 
Giuliano abbraccia la terra praticamente da fermo, probabilmente incuriosito da un sasso o da una pozzanghera, ma ci rimette la leva del cambio e il dopocena per raddrizzarla. Da quel momento girerà in seconda, ma siamo praticamente arrivati. Dopo Tolmin, infatti, solo stradelle di campagna e un piccolo guado riservato a moto più leggere delle nostre. Attraversare un fiumiciattolo, per quanto piccino picciò con la nostra mandria di bisonti, con il sole che ha dato a tutti l'arrivederci, non val la pena, e si prosegue sul grigio asfalto. Passiamo, ormai è notte, sul ponte di Napoleone, più volte distrutto e ricostruito, a seconda dell'umore del reggente di turno. La notte impedisce di vedere i cinquanta metri di orrido che stan nascosti sotto e l'isonzo che ruggisce sul fondo. 
La sera -dopo cena- siamo satolli e stanchi. Stesi in parcheggio con un altro radler a tentar di calmar la gola assetata, ce ne filiamo a letto dove ci aspetta il mefistofelico piumino austriaco, che ci fa bollir la pancia e ghiacciare i garretti. 
Il giro della domenica è meno tecnico e più lineare. Non ho manco idea di dove siamo stati, ma la scalata al monte e al rifugio mi hanno divertito, con una bella sfuriata in salita sullo sterrato, interrotta solo dall'incrocio con una turista imbiancata dai compari precedentemente passati. 
Un gioviale cagnolone ci invita a giocare al lancio del pezzo di legno e ci fa capire che non siamo i primi a farlo; lo accontentiamo, mentre Giuliano decide di passare di nuovo dalla posizione verticale a quella orizzontale, praticamente in parcheggio, e ciao allo specchietto!
Si va tranquilli verso il ristorante e arriviamo a Gonjace, sul colle Mejnik per il pranzo da Mario.
Da lì i saluti, i baci e gli abbracci, gli arrivederci, le moto sui carrelli, le borse agganciate. Seguo pigramente il Franz fino all'autostrada, rimetto i tappi, riaggancio la borsa, rimetto lo zaino e vado. 
L'autostrada, la doccia, il silenzio.

Attentamente ascolto le creazioni degli altri,
poiché anch'io voglio essere ascoltato.
(Jakob Renko. Poeta sloveno, 1946 - vivente.)

§ciao, Pinese.

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Giuseppe "Beepi" Candeago

Prima edizione della versione off del 4 Passi secondo me riuscita bene a parte la prima caduta col K.
Sono stato preso per il naso tutti i 2 gg , ma ne è valsa la pena (anche se non cadevo era meglio)
Un ringraziamento a tutti i partecipanti e ci vediamo alla prossima edizione.

le mie foto : (ndr. messe nell'apposito paragrafo in alto di questa pagina)

beepi

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Davide Fantin

La Slovenia si riconferma un bellissimo paese. Motociclisticamente parlando ce n'è per tutti i gusti: curve larghe per le sportive in fondo valle, stradine da motard nelle valli più strette e remote, sterrati per i fuoristradisti.

Grazie a chi ha organizzato l'incontro. Sempre bella la compagnia della Lissta, come al solito tante risate e spensieratezza per 2 giorni.

Ecco le mie foto: (ndr. messe nell'apposito paragrafo in alto di questa pagina)

Sono sintetico perché mi hanno detto che durante l'incontro ho parlato troppo ;-)

Ciao

Davide

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