2010 - Girostriscione Camorino - Aosta - 25 Aprile

Autore del report: Alessandro Margnetti alias Orso

Autore delle foto: Alessandro Margnetti alias Orso e Luca Barozzi alias Batelott

Km percorsi:390

Tedofori:

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Alessandro Margnetti alias Orso
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Luca Barozzi alias Batelott
 

Il meteo annunciato è propizio: per una volta lo striscione viaggerà all'asciutto. Sono abbastanza tranquillo. La tappa prevede il passaggio del Sempione. Non è un passo troppo alto. è appena più di 2000 metri, ed è quasi sempre aperto.

La sveglia mi chiama alle sei e mezza. Stavo sognando qualcosa e las radio mi prende come una mano possente e mi trascina verso la superficie della coscienza. In mezz'ora sono pronto e mi avvio verso Intra, dove Luca mi raggiungerà con il traghetto che lo porterà dalla sponda lombarda a quella piemontese del lago.

Il sole sorge da dietro le montagne del Gambarogno, una bruma leggera e rosata resta sospesa sull'acqua e trasfigura le Isole di Brissago. Non c'è traffico e posso guardarmi attorno. La sponda orientale del Verbano quasi non si vede. Qualche barca di pescatori appare dalla nebbia, si illumina per un attimo e nella nebbia scompare. Dalle parti di Cannero, una perfetta formazione di quattro cormorani mi affianca per un attimo.

All'entrata di Verbania vedo il traghetto, su cui si dovrebbe trovare Luca, che si sta avvicinando alla riva. Arriviamo assieme all'attracco, ma dal battello scende solo uno scooter grigio. Vedo sul telefonino che Luca ha perso il traghetto e che arriverà con il successivo. Poco male. Si tratta di aspettare un quarto d'ora.
Arriva il traghetto, ne scende un'orda di ragazzini e nessun veicolo. i ragazzini sono controllati uno a uno da un paio di carabinieri e da una guardia di finanza con il cane antidroga. 
Finalmente anche Luca approda e il viaggio può aver inizio.

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Per recuperare un po' di tempo risaliamo il Toce lungo la superstrada. Il lago si fa fiume. Un'ultima occhiata a qualche canneto residuo dove le folaghe nascondono i loro nidi galleggianti, poi una vallata anonima, punteggiata di villaggi, di piccole industrie, di cave.

Rientriamo in Svizzera a Iselle. La valle si stringe, si strozza costringendo la strada ad abbarbicarsi a questo o quel costone. Sull'altra sponda vi sono frane, resti di valanghe, torrenti incassati nella roccia come lame pazienti e millenarie.
La strada sale curva dopo curva e l'orizzonte torna ad aprirsi su pascoli ancora innevati dove si trovano cascinali isolati o minuscoli villaggi. Poi il passo del Sempione; Simplonpass sul versante opposto.
Cerco un adesivo da incollare sul diario dello striscione, ma il botteghino del passo, che qui si chiama "kiosk" e diventa "chiosco" nel mio italiano, è ancora chiuso. Compero una cartolina che però si perderà da qualche parte. Scattiamo un paio di fotografie davanti all'Ospizio. La combinazione di autoscatto e cumuli di neve costringe all'acrobazia: Luca si sconquassa un ginocchio e al momento dello scatto è fuori campo; a me va meglio e mi limito a sputare un bronco e a sforzarmi di esibire un sorriso ebete. (Dovrò riprendere ad andare in bicicletta, penso. Lo penso sempre e sempre il pensiero resta intenzione.)

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Un altro paio di scatti sotto il cartello del passo e poi giù, verso Brig, nel Vallese di lingua tedesca.
Attraversiamo senza fermarci questa campagna germanofona, percorrendo rettifili lunghissimi, pensati in tempi passati per diventare piste d'atterraggio in caso di necessità e ora affiancate da file di pioppi frangivento. Anche gli aeroporti si susseguono. Il Vallese sembra un unico, grande, aerodromo militare.
A Sierre siamo ormai sul confine linguistico tra tedesco e francese, quello che in occasione di alcuni confronti politici chiamiamo il "röstigraben", il confine dei "rösti" (patate grattugiate e arrostite con uova, formaggio, cipolle o speck). Deviamo verso destra e ci arrampichiamo verso Montana - Crans, una sorta di Sestrière locale. Il posto non è granché, ma la discesa su Sion regala qualche bello scorcio sulla valle del Rodano e sui vigneti che hanno reso celebri queste terre, in gran parte Chasselas da cui si ricava il Fendant e Pinot nero.
Chi volesse approfondire l'argomento può dare un'occhiata qui www.lesvinsduvalais.ch (in francese)

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Da Sion, la capitale politica del Vallese, proseguiamo verso Martigny, città di origine gallo-romana che varrebbe una sosta, anche solo per passeggiare un momento nel giardino del museo della fondazione Gianadda fra vestigia archeologiche e sculture moderne. Martigny si trova dove la Drance confluisce nel Rodano e sembra volerlo spingere a nordovest, costringendolo a una curva di novanta gradi. Risaliamo la Val d'Entremont verso il Gran San Bernardo. Il passo è ancora chiuso e così imbocchiamo il tunnel. Da lì ad Aosta è una discesona senza storia. Pascoliamo un poco fra le strade del centro e infine raggiungiamo la piazza dove si trova l'Arco di Augusto e dove è previsto di incontrare il gruppo Gianduja che rileverà la Sindone. Parcheggiamo le moto e andiamo a cercare un posto dove mangiare. Sono le due passate. Da stamane vado avanti con un caffè e comincio a sentire un calo energetico. Ci infiliamo in un bettolino in rue St. Anselme, tra l'arco e la porta pretoriana, dove si prepara il kebab. Il padrone non ci lascia fiatare: "Entrate, entrate, si paga poco" e ordina a una ragazzo di preparare due piatti "con tutto". 
Quel "tutto" è buono. Mangiamo fra gente che parla una lingua sconosciuta, bimbi dai capelli ricci e dagli occhi nerissimi, in un minuscolo locale che riassume lo spirito del suk valdostano.
Due caffè in piazza e poi il rombo di una dozzina di moto. Ecco qua, di persona qualche nome visto solo in lissta. Ritrovo Fabri e Silvia, Tibi, che avevo conosciuto a un LSD, vedo Fable, che conoscevo solo attraverso le fotografie di picasa, e poi tutti gli altri. Sotto l'arco, vengono scattate fotografie e si passa il testimone.

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Grazie a tutti!
Ale