Marocco 2005 - Fabio Attadio

Autore: Fabio Attadio alias Fable
Periodo: 17 giugno - 3 luglio 2005
Partecipanti: Fabio Attadio e Maria su Honda Transalp XL600V 1993

Sottotitolo
"Inshallah Tour"
"Italiani? Da Torino? Ah! Molti marocchini a Torino... benvenuti in Marocco!"

giorno 1

Non ci sembra vero che sia già arrivato il giorno della partenza, eppure sembra siano passati solo pochi giorni da quando sul tavolo in cucina sfogliavamo la guida e seguivamo col dito le strade sulla cartina sognando posti magnifici.
L'itinerario di avvicinamento a Sete prevede la strada più breve privilegiando le statali alle autostrade e, qualche minuto dopo le 6, agganciamo le borse alla moto e siamo pronti a partire. Mentre valichiamo il Monginevro guido con una piccola e segreta apprensione che mi accompagna ogni volta che inizia un viaggio, il peso della responsabilità accompagnato al timore di fare qualche errore e compromettere la vacanza mi fa adottare una guida molto accorta mentre sfilano i tir costretti ai tornanti del valico per la chiusura del Frejus.
Scendiamo a Briancon e proseguiamo per il lago di Serre-Ponçon, questo posto è sempre bello e suggestivo in qualsiasi stagione. Attraversiamo Gap e prendiamo una statale secondaria tutta curve molto divertente che ci porta fino a Orange, dove imbocchiamo l'autostrada per Montpellier. Proprio alle 15, come richiesto dalla compagnia, entriamo nel porto di Sete per l'imbarco. Seduti nel bar di fronte alla nostra nave assaporiamo già un'atmosfera particolare e osserviamo i nostri compagni di viaggio. Ogni auto ha almeno un divano caricato sul tetto, senza contare eventuali tavoli con sedie legate col filo interdentale, le donne velate vanno e vengono intorno a noi. La stessa sensazione si ripete poi una volta saliti sulla Oujda, dove ci accorgiamo di essere gli unici "occidentali".
Con un po' di imbarazzo prendiamo possesso della cuccetta-loculo a noi riservata: in larghezza c'è solo lo spazio per il letto a castello e perchè si apra la porta verso il letto, in lunghezza ci sta solo il letto. Usciamo quindi a cercare di prenotarci per la cena, dove ci spiegano che noi, poveri pezzenti, non abbiamo diritto alla cena al ristorante come la classe comfort ma al self service in quanto classe turistica. Gustiamo quindi il menu obbligato del self, zuppetta di riso e spezzatino con fagiolini.


giorno 2

Notte tranquilla nel buio soffocante dello stanzino-cubicolo, il mare è calmo. Dopo colazione ci immergiamo nella lettura, Maria ha un libro di un'autrice marocchina, "La terrazza proibita", io un libro sull'Islam "Il libro disceso dal cielo", per calarci nella parte. In fila per il pranzo e la cena scopriamo che basta veramente poco per farsi un amico, anche se non capisci una parola della sua lingua. Se prenderete questa nave preparatevi all'immancabile pollo-giallo con riso, una cosa che a ripensarci ora mi disturba l'intestino, mentre l'agnello con patate preceduto da zuppa di verdura è apprezzabile.
L'igiene dei bagni di questa nave non è esattamente il pezzo forte del viaggio ma riusciamo a sopravvivere alla doccia e andiamo a dormire sognando uno sbarco trionfale.


giorno 3
I doganieri di Nador ci accolgono a sorrisoni e sembrano più impegnati a mimare il gesto dell'apertura del gas sulla moto che non a controllarci i passaporti, siamo fuori in pochi minuti grazie anche alle pratiche già sbrigate sulla nave. E' domenica e tutte le banche sono chiuse, sembra non esserci un ufficio di cambio in dogana quindi non abbiamo possibilità di cambiare i soldi immediatamente. Riusciremo a farlo in giornata in un negozietto di derrate alimentari dove passiamo mezz'ora per capire che il nostro "contabile" non conosceva l'uso della virgola. Ci tuffiamo sulla strada, dove le basse case impolverate, qualche palma ed il caldo ci danno il benvenuto in Africa.Uscendo da Nador seguiamo la direzione costiera, sobbalzando sull'alsfalto gobbuto e rovinato, procediamo lentamente ma lo sbalzo del forcellone tende a dare piccoli strappi alla catena, tocca mollarla ancora.
Una delle prime cose a cui stare attenti se si fa un viaggio in Marocco è il traffico. Di per sè non ci sono tante auto sulla strada, anche se passano numerosissimi "petit taxi" e ci sono parecchi camion, il pericolo reale è costituito dalle persone a piedi! Senza aver ancora preso troppa confidenza con la situazione infatti, attraversando un paesino abitato abbiamo avuto un incontro ravvicinato con un pedone. Questo tizio, come tutti i conterranei, attraversava da sinistra senza porre la minima attenzione alla strada e, mentre tentavo di scartarlo a destra, dove avevo maggior spazio, cominciava a correre, spaventato dai colpi di clacson dati per avvisarlo, ponendosi irrimediabilmente sulla nostra traiettoria! Con un gesto disperato ho inchiodato entrambe le ruote arrivando leggermente di traverso e impattando piano con l'anteriore sulla sua gamba, lasciando i segni neri delle gomme sul suo abito bianco. Rimasti in piedi grazie alla forza innaturale che si ha nelle gambe quando non si vuol far cadere la moto con la fidanzata, abbiamo velocemente appurato che nessuno dei due aveva riportato danni e siamo ripartiti chiedendo scusa pur avendo ragione.
Prima di arrivare ad Al Hoceima passiamo un piccolo valico senza nome, con un bel paesaggio e tante curve dall'asfalto in cattive condizioni. A tratti addirittura la strada diventava sterrata, per riprendere l'asfalto pochi km dopo. In questa località sul Mediterraneo fotografiamo la spiaggia a ridosso della scogliera, che fa molto Bonifacio dei poveri, e le donne costrette a tenere il velo anche al mare. Pranziamo velocemente in un fast food con un soppalco alto poco più di un metro e mezzo, tiro un paio di testate e ripartiamo presto. Dopo pranzo il caldo esalta una delle costanti di questo viaggio: l'abbiocco pomeridiano.
Ci arrampichiamo sulla strada che attraversa i monti del Rif superando curva dopo curva piantagioni intere di marijuana. Questa infatti è zona di coltivazione della mitica piantina ma non osiamo fermarci perchè già in movimento ad ogni angolo spunta qualcuno che cerca di rifilarci misteriosi pacchettini. Tralasciando l'ovvia pericolosità dell'acquisto di fumo in questa zona, pare che molti spacciatori facciano il doppio gioco con repentine soffiate alla polizia dopo averti imbottito per benino. Tocchiamo l'apice dell'incredulità a Ketama, dove la gente ci corre dietro, fischia, chiama, insulta e altro per cercare di venderci l'hashish. Questa è una delle zone di maggior produzione di kif (hashish appunto) al mondo e vi troviamo davvero gente poco raccomandabile.
Nonostante la strada sembri non finire mai, attraversando paesaggi stupendi che cambiano velocemente arriviamo a Fes al tramonto, dove ci assale un vento caldo infernale. Ci sentiamo di consigliare l'albergo in cui abbiamo pernottato, La Cascade, vicino alla porta (Bab) Bou Jeloud della Medina. La sua terrazza con vista panoramica infatti vale ben più dei circa 13 euro pagati per la camera doppia, anche se i servizi sono in comune e non troppo puliti. Dalla finestra della nostra camera arrivano i suoni e gli odori della medina, sembra che la città vecchia non debba spegnersi mai. Ad ogni modo i 440km di oggi ci hanno cotto e dopo un cous cous "sotto casa" ci addormentiamo quasi subito nonostante il caldo insopportabile.


giorno 4

La sveglia ci arriva prima del previsto. Alle 5 o giù di lì, prima dell'alba, il muezzin richiama i fedeli alla preghiera, e chi non è fedele... tanto peggio per lui! Se non siete mai stati in un paese musulmano magari non sapete che il muezzin è la chiamata (la prima delle 5 giornaliere) alla preghiera che viene data dal minareto della moschea, e poichè la nostra finestra si affaccia proprio su un minareto e la medina di Fes conta circa 500 moschee l'effetto è quantomeno assordante, visto che si tratta di vere e proprie urla dal megafono ("Allah è grande, venite a pregare" ecc.)
In ogni caso prima delle 7 siamo in piedi per il caldo e facciamo una colazione splendida in terrazza ammirando il risveglio della città. Con la moto ben legata, ci dedichiamo alla visita della medina seguendo un itinerario a piedi descritto sulla guida che ci permette di vedere la Medersa (scuola Coranica), numerose moschee (tutte da fuori, i non-musulmani non sono ammessi all'interno ovviamente), piazze ornate con fontane, souq (mercati) e viuzze. Passeggiare tra questi vicoli respirando odori di spezie, carne esposta nelle botteghe, essenze ma anche cose molto meno piacevoli è un'esperienza sconvolgente ed indimenticabile. Certo il ritmo frenetico cui siamo sottoposti nel rifiutare continuamente le numerose offerte che ci vengono fatte, gli asini e i cavalli che ci passano di fianco lasciando qualche pelo e il loro odore sui vestiti, i rumori e la luce filtrata dai tetti di canna dopo qualche ora stancano fisicamente.
Ci lasciamo accompagnare sul tetto di una casa per ammirare lo spettacolo delle concerie senza venire nauseati dall'odore e ci immergiamo nell'esperienza di trattare il prezzo di qualche tappeto finendo poi per acquistare delle sciarpe di seta da regalare. Viste ancora la piazza dei battitori d'ottone, il mausoleo di Moulay Idriss II e Palais Jamai decidiamo di tornare in zona albergo per concederci il miglior thè della vacanza. Il locale appena dietro l'angolo per noi diventerà tappa fissa fino alla partenza, facciamo infatti amicizia col titolare e con alcuni frequentatori che ci raccontano la loro vita a Fes. Facciamo qualche foto insieme e ci ripromettiamo di inviargliele appena tornati a casa.
Dopo un pranzo "leggero" a base di carne speziata grigliata alterniamo un riposino a innumerevoli docce, poi facciamo un giro in moto attorno alla città e nel quartiere ebraico per renderci conto delle dimensioni di Fes. Verso il tramonto la spianata di fronte alle mura vicino alla Bab Bou Jeloud si riempie di persone che si trovano per conversare, pregare, scherzare, ascoltare musica. Assaggiamo una spremuta d'arancia in un banchetto nella piazza e ne offriamo ad una povera mendicante, facciamo scorta d'acqua nel negozietto sotto casa, dove il nipote del negoziante prova a tenersi qualche dirham di resto, subito fulminato dal nonno. Facciamo le foto al tramonto dalla terrazza e ceniamo in un ristorante panoramico dove acquistiamo da un ragazzo un cd con vari brani di musica marocchina.


giorno 5

Alle 6.30 siamo già in piedi, complice il caldo, pronti a fare i bagagli e salutare la città dalla terrazza. Ripartiamo in direzione sud passando prima da Ifrane, paesino quasi di montagna con case che sembrano chalet, poi da Azrou, con una veloce deviazione a vedere il Cedro Goraud di 800 anni, ormai morto, e le bertucce che popolano le foreste di cedri nei dintorni. Finalmente un po' di fresco!
La strada continua a scendere ed il paesaggio cambia continuamente, valichiamo il Medio Atlante con il Col du Zad, duemilacento e passa metri, bellissimo. Scendendo troviamo piccoli villaggi di tende berbere e greggi di pecore che pascolano nei pratoni, ci fermiamo a fotografarli e subito i ragazzini della zona ci corrono incontro per chiederci soldi con un'insistenza per cui ci è difficile negarglieli, nonostante trovi sbagliato fare l'elemosina ai bambini, così li offriamo come compenso per le foto.
Pochi km più avanti ad un posto di blocco la polizia ci fa cenno di accostare. Spengo la moto, togliamo i caschi e salutiamo. La gendarmerie sorride, ci chiede da dove veniamo, se va tutto bene e ci augura buon viaggio in Marocco con una pacca sulla spalla. Ci guardiamo increduli e non possiamo che ringraziare sorridendo. Attraversiamo prima di pranzo il Plateu de l'Arid, mai nome fu più azzeccato... arriviamo a Midelt accaldati e ci fermiamo a mangiare un boccone mentre venditori di fossili e minerali vengono continuamente a proporci i loro "reperti".
Con il consueto abbiocco in agguato ripartiamo salendo fino a 1900 mt. per valicare l'Alto Atlante su un bel passo tutto curve. Con qualche sosta arriviamo a Rich, da dove partono le Gorges (gole) du Ziz, bellissimi canyon scavati dal fiume con rocce alte centinaia di metri e kasbah color del fango che si affacciano su palmeti verdeggianti. Foto di rito, anche al lago dal nome troppo difficile da ricordare/scrivere/pronunciare, poi a Errachidia cerchiamo un albergo dove scaricare i bagagli, infiliamo il costume e andiamo a fare il bagno alla Source Blue de Meski, una piscina naturale con un campeggio intorno, un po' come le caramelle Polo.
Dopo il bagno conosciamo due coppie di italiani, una con due e una con quattro figli, e ci facciamo offrire un po' di dritte sulla zona che visiteremo domani. Nello specifico da qui al dopo cena almeno cinque persone ci offriranno un albergo gestito dal fratello-cugino-nonno-cognato a Merzouga con tanto di escursione a dorso di cammello sulle dune. Raccogliamo indicazioni e biglietti da visita e dopo una tajine e un buon the purificatore (speriamo) andiamo a nanna. 400 km oggi.


giorno 6

Ci svegliamo verso le 7 e facciamo colazione presso il bar dell'albergo con pane e marmellata (non si capisce a che gusto), the e spremuta d'arancia, poi ripartiamo scendendo ancora e fermandoci a fotografare le gole e i palmeti in uno spettacolo ancora diverso. Arrivati a Erfoud, contro ogni logica del buonsenso decido di incollarmi ad una jeep che sembra puntare la famigerata pista verso Merzouga e tentiamo di seguirla. La gente del luogo ovviamente sconsiglia di affrontare il percorso da soli per offrirti guida/accompagnamento a caro prezzo, in realtà la pista non è difficile da percorrere ma da seguire. Come volevasi dimostrare però la jeep della guida abbandona presto la via principale per lanciarsi fuoripista, probabilmente per regalare qualche brivido agli occupanti del mezzo, così nel giro di una decina di km ci ritroviamo a seguire una nuvoletta di polvere sempre più lontana in un luogo desertico e con le sole creste rosa delle dune ad una quarantina di km a indicarci la direzione sommaria. Maria mi fa capire in modo abbastanza convincente che stiamo facendo una cazzata e riprendiamo "a naso" la direzione da cui siamo venuti.
Da Erfoud scendiamo quindi a Rissani, da dove invece parte l'unico tratto asfaltato per l'oasi di Merzouga, ma prima ci fermiamo a mangiare un'ottima e pesantissima kalia, un piatto tipico a base di carne speziata con uova-pomodoro-cipolla-peperoni servito in una tajine di terracotta, praticamente una bomba. Dopo pranzo infatti non capiamo se abbiamo le allucinazioni o se sono "solo" miraggi quelli che vediamo mentre ci avviciniamo ai dunoni di sabbia del Tafilalt. Aziz, proprietario del ristorante dove abbiamo mangiato, ci ha scritto una "raccomandazione" in arabo per farci fare lo sconto all'hotel Mohajut ad Hassi Labied, qualche km prima di Merzouga, e spuntiamo un prezzo di circa 15 euro per una camera stupenda in un albergo da mille e una notte.
Costruito in stile kasbah (una specie di fortezza), a ridosso delle dune ed immerso nel verde dei giardini interni, questo albergo (ma sono tutti simili qui) ha le mura di fango secco ed è arredato in stile berbero coi tappeti alle pareti e le lampade colorate. Dopo aver testato più volte l'abbinata doccia-stravaccamento sul letto, usciamo a prendere il the con Alì, che ci racconta la storia dell'albergo e ci parla un po' della zona. Decidiamo poi di andare a fare qualche foto sulle dune ma Alì ci mette in guardia: sta arrivando una tempesta di sabbia. Un po' increduli raccogliamo il suggerimento e non ci allontaniamo molto per andare a immergere le dita nella sabbia soffice e colorata di qualche dunone. Ma in effetti dopo pochi minuti l'aura gialla del cielo che prima vedevamo così lontana si avvicina rapidamente, mentre pugni di sabbia iniziano a sollevarsi velocemente. Montiamo rapidamente in sella e in pochi secondi siamo attorniati dalla sabbia che soffia impetuosa, riusciamo a stento a fuggire precipitosamente in albergo prima che inizi a piovere (!) Ci abbandoniamo così ad un'ultima doccia prima di deliziarci con una tajine con le prugne e melone con arancia servito con la cannella.


giorno 7

Il compleanno di Maria inizia con un risveglio nel deserto, ed alle 5.30 siamo sulle dune a vedere l'alba affacciarsi davanti a noi. Segue lauta colazione servita nel verde del giardino colorato dalle prime luci del giorno, poi le prugne di ieri sera fanno effetto e... la storia si ripete sempre! Prepariamo i bagagli e ripartiamo per Erfoud, dove al distributore diamo una bella soffiata al filtro aria. Sulla strada, più noiosa a dire il vero, per Tinerhir ci fermiamo a bere un the a Tinejdad dove ci assale uno sciame di bambini che non ci dà tregua finchè non regaliamo loro qualche dirham.
Da Tinerhir, stupendo villaggio affacciato sul palmeto, entriamo nelle Gorges del Todrà, altre bellissime gole che proseguono per parecchi km nel Medio Atlante. Saliamo fin dove si interrompe la strada e poco oltre, poi pranziamo e ridiscendiamo per infilarci nelle Gorges del Dades. Discorso uguale ma spettacolo diverso. Diamo la caccia ad un albergo fino a fermarci in quello proprio sotto le gole, il proprietario infatti non vuol farci andar via e mi offre di custodire la moto nel suo negozio di tappeti oltre a scontarci quasi un terzo del prezzo della camera. Conosciamo due ragazze torinesi fermatesi per pranzo e una coppia di milanesi anch'essi transalpisti con una Uno a noleggio, lui ha semplicemente la bava alla bocca dall'invidia.
Telefoniamo a casa da una Teleboutique diciamo pittoresca poi ci gustiamo il tramonto del sole dall'albergo in cui siamo gli unici ospiti (ci sono solo 2 camere!). Finalmente un po' di fresco in questa zona, e sulla bellissima terrazza Ahmed ci serve un cous cous strabiliante. Dopo cena invece, per festeggiare il compleanno di Maria, insieme al cugino ci offrono una mezz'oretta di musica suonata coi tamburi cantando canzoni marocchine e sorseggiando the. Diventa buio fino a contare le stelle ad una ad una e nella valle non ci sono altre luci oltre alle piccole lampade sul nostro tavolo.


giorno 8

Alle 7 Ahmed ci serve pane e marmellata prima di raccomandarci di portare qui anche i nostri amici, se visitate la zona fermatevi a dormire qui, semplicemente Hotel Gorges du Dades. Partiamo e scendendo a valle ci fermiamo a El-Kelaa M'Gouna a prendere qualche souvenir all'acqua di rose, prodotti tipici della zona. Mentre attraversiamo la via delle kasbah ci fermiamo nello squallido villaggio di Skoura a prendere il the, nominando il degno vincitore del premio Bagno Più Sporco Della Vacanza.
A Ouarzazate vediamo da fuori i famosi studios e visitiamo l'interno della Kasbah di Taourirt, facendoci poi accalappiare per terminare il giro nel negozio di tappeti adiacente. Fotografiamo il quartiere ebraico dietro la fortezza e veniamo agganciati al volo da un simpatico inglese a bordo di un Beta 50 RR con moglie e figlioletto dietro. Ha un garage/officina per moto in città e ci offre una visita ma decliniamo perchè al momento il transalp è al massimo del suo splendore, anche in quanto a sporcizia, e nessuno può metterci le mani. Lo salutiamo dopo avergli spiegato che la sua moto viene costruita nel nostro paese.
Dopo pranzo la tentazione di fotografare la Kasbah di Al Mansour sul lago ci fa prendere una deviazione su una strada secondaria, ma dopo 6 km la via è sbarrata. L'episodio più divertente ed emblematico del nostro soggiorno in Marocco. Un militare esce dalla casupola di fianco e ci saluta cordialmente stringendoci la mano. Ci fa capire che dobbiamo aspettare il suo superiore, indicandocelo dietro un cespuglio. In effetti il maggiore... sta facendo la cacca, ed arriva da noi ancora sudato e col secchio dell'acqua in mano. Stringiamo la mano anche a lui, chiudendo gli occhi, e chiediamo di poter passare solo per fare una foto. Ci spiega che questa è zona militare e il passaggio è interdetto ma... innanzitutto siamo loro ospiti, ci portano nella baracca e ci offrono il the, poi si offre lui di scortarci in bici. Tra le risate e i bicchieri sciacquati in modo non ortodosso ci racconta che nel lago lui pesca abitualmente il Black Bass, un pesce molto buono che vuole offrirci con una tajine per l'indomani. Così la nostra visita alla kasbah si trasforma nella visita al posto segreto in cui lui pesca il Black Bass. Dopo aver trainato il magrolino maggiore in bici su per la salita non possiamo fisicamente rifiutare un secondo giro di the prima di salutare i nostri amici lasciando qualche soldo per il disturbo.
Ci mettiamo di nuovo in marcia superando un bel colle da 1600 mt. sulla valle del Draa prima di scendere ad Agdz dove ci fermiamo in un albergo con una provvidenziale piscina, qui fa di nuovo caldissimo. Quando usciamo per andare a cena ci affianca un simpatico berbero che parla bene inglese ed ha un parente che lavora in Italia, veniamo quindi trascinati nel suo bellissimo negozio dove come prima cosa, ovviamente, ci viene offerto il the. E' un mercante e lavora con le carovane dall'Algeria, insieme al cugino ci mostrano una gran quantità di tappeti spiegandoci tutti i segni dei ricami beduini e berberi. Decidiamo di fare il grande passo e dopo una trattativa di un'oretta usciamo soddisfatti con un pacchettino sotto il braccio, non prima di aver fatto tutti assieme una foto vestiti in stile tradizionale. I marocchini quando fanno le foto non si mettono in posa come noi, ma allargano le braccia dicendo frasi beneauguranti come "Inshallah", "Venti cammelli", "Quaranta cammelli" ecc. Uno spasso.


giorno 9

Non so se per quello che ho mangiato ieri sera o se era destino, ma oggi mi sono beccato un'influenza intestinale niente male. La mia giornata trascorre tra visite al gabinetto, vomitate, medicine e riso in bianco, quella di Maria accudendo un povero motociclista implume malato come me. E pensare che oggi dovevamo esplorare la valle del Draa su alcune piste lungo le kasbah... sigh!


giorno 10

Nonostante il caldo sia asfissiante e le mosche mi stiano facendo impazzire, oggi va un po' meglio e decidiamo di rimetterci in viaggio. Facciamo colazione in piscina, dove ringrazio il padrone dell'albergo per essersi più volte interessato della mia salute e per aver addirittura chiamato un amico medico per un consulto. Partiamo dritti in direzione Ait-Benhaddou dove ammiriamo la stupenda cittadina e dove per poco non caracollo nel letto del fiume facendo manovra con la moto carica. Non essendo al 100% in forze tralasciamo la visita a piedi sotto il solleone ed evitiamo anche il percorso sterrato via Telouet che ci hanno classificato come impegnativo.
Facciamo rifornimento di pane e acqua per un lauto pranzo sulla strada e valichiamo il Tizi-n-Tizchka ad oltre 2200 mt. Quando scendiamo siamo pronti per infilarci in Marrakech. Puntiamo subito al cuore della città, ovvero la mitica piazza Djemma el-Fna, dove viene da pensare che Marrakech sia "la città che non dorme mai... tranne di notte". Nonostante sia abbastanza squallido alloggiamo al CTM proprio di fronte alla piazza, sia la nostra stanza sia la terrazza si affacciano sull'incessante spettacolo di suoni e colori tra i più tipici di questo paese. Al tramonto assistiamo all'arrivo ed al montaggio delle bancarelle del cibo ed in pochi minuti la piazza è una cortina fumogena di carne alla griglia.
Scegliamo attentamente il banco dove mangiare, ovvero ci facciamo catturare praticamente al primo, dove assaggiamo la pastilla e le brochette miste, poi con lo stesso sistema scegliamo un carretto per bere una spremuta d'arancia e inevitabilmente ne offriamo ad una povera donna con due bambini. Dopo un rapido giro d'assalto al souk ci rilassiamo un po' in terrazza bevendo the prima di andare a dormire.


giorno 11

La temperatura sta cambiando e passiamo una notte fresca, dopo un'abbondante colazione in terrazza e dopo aver assicurato la moto in garage ci facciamo arpionare da Aziz, con la scusa che sta cercando di imparare l'italiano, per visitare la moschea Koutoubia, sganciandoci però quasi subito. Ci lanciamo quindi a piedi per vedere la kasbah e dopo una lunga camminata (lo confesso, ci siamo un po' persi) entriamo nel Palais El Badi, che ricorda tanto l'Alhambra di Siviglia e l'Alcazaba di Granada. Vediamo ancora da fuori Palais Bahia e Dar Si Said prima di inoltrarci nella Mellah (antico quartiere ebraico) per cercare la sinagoga. Questa non è visibile dall'esterno e vi si accede da un grazioso cortile solo se accompagnati. Per non smentirsi l'anziano ebreo che ci accompagna ci obbliga ad un'esosa donazione e ci vengono in mente i tristi pregiudizi sull'attaccamento al denaro di questo popolo.
Pranziamo in camera a yogurt e frutta ed evitiamo le ore più calde alternando la scrittura delle cartoline a più docce, poi usciamo per attraversare il souk dietro la piazza e visitare la Medersa Ben Youssef (visto che nella moschea non possiamo entrare), il Museo di Marrakech e la Koubba (luogo sacro funebre). Quando riusciamo a decidere noi a chi chiedere informazioni otteniamo risposte gentili e precise, se ci arpiona qualche "faux guide" dobbiamo sborsare anche 2 euro per un giro dell'isolato. Anche di questo vive questa povera economia.
Ci rituffiamo tra i banchetti della Djemma el-Fna per cenare e ripercorriamo lo stesso rito della spremuta e del the serale.


giorno 12

Torniamo in sella e puntiamo Essaouira, a circa 170 km. Cittadina di mare che non ci entusiasma dopo la Bretagna dello scorso anno, troppo diversa dal Marocco cui abbiamo fatto l'occhio e troppo piena di turisti e "fricchettoni" accorsi per il Festival di giugno. Facciamo due passi lungo le mura poi ci arrampichiamo su una terrazza panoramica per mangiare un pesce abbastanza tremendo e rimpiango l'invito per la tajine di Black Bass. Proviamo a sdraiarci in spiaggia (anche se la tentazione sarebbe di farla tutta in moto se non ci fosse gente) ma il forte vento ci riempie di sabbia le mutande e dopo poco ripartiamo verso casa. Sulla strada ci torna il buonumore quando ci servono un the in stile tradizionale, con un bicchiere in più per travasarlo due volte e con la teiera a beccuccio alto. Buonissimo. Poi un povero mendicante non finisce più di ringraziarci per pochi spiccioli che gli abbiamo lasciato ed il barista si inorgoglisce molto quando gli faccio i complimenti per il the, così ripartiamo col sorriso. Questo paese vive di piccole cose ed è proprio questo che ci ha conquistato.
Al tramonto siamo a Marrakech e facciamo tutto il giro delle mura della medina, finchè non diventa buio e torniamo alla piazza orientandoci col minareto della Koutoubia che svetta a 70 mt. tutto illuminato. Assistiamo all'ennesimo incidente sulla Djemma el-Fna, visto che i taxi guidano impazziti e i motorini sfrecciano saettanti schivando la miriade di pedoni che popola la piazza. Un ottimo fritto misto al banco del "N°1" viene accompagnato da frittelle di patate, brochette e patatine, poi regaliamo la moneta che abbiamo in tasca ad una vecchietta in cambio di due biscotti al cocco. Salutiamo il nostro amico venditore di spremute che ci offre una mano grondante e un bicchiere in più mentre assistiamo ad una piccola rissa di routine prima di andare a dormire.


giorno 13

Facciamo colazione in terrazza dove salutiamo Abdullah e l'anzianissima signora che pulisce le camere con una piccola mancia e ci rimettiamo in cammino per tornare verso la costa mediterranea. 480 lunghi km di trasferimento in direzione Fes, fino a Sefrou, dove un poliziotto ci colpisce ancora per la sua gentilezza terminando l'informazione richiesta con "la polizia di Sefrou è al vostro servizio" e scattando sull'attenti. Concordiamo un prezzo in albergo e lasciamo la moto in cortile sperando di riuscire a fare i gradini al contrario domani.
Nella medina veniamo abbordati da Zakaria, un ebreo un po' malandato che ci racconta la sua storia seduti ad un tavolo. Dopo aver avuto un bambino da una ragazza di Oslo ha preso una sbandata per la new age e i "trip" di Essaouira non riconoscendo il figlio, ora è in attesa del controllo dell'ufficio adozione perchè il ragazzo ormai 16enne possa tornare da lui. Quando vado a pagare chiedo al ristoratore di aggiungere anche la portata di Zakaria, scoprendo che era già stato previsto, ma non me ne stupisco e pago volentieri.


giorno 14

La colazione promessa a casa del titolare dell'albergo non si vede e siamo costretti a mangiare pane e formaggini al bar. La sorpresa arriva quando l'albergatore ci presenta un conto gonfiato per motivi misteriosi. Questa puzza più di presa per i fondelli che non espediente per sopravvivere ma non importa, vi sconsigliamo comunque di fermarvi a dormire al Frenaie se passate da Sefrou.
Superiamo Fes, questa volta in direzione Oujda, e ci fermiamo a Bir-Tam-Tam a bere una spremuta conoscendo così Rachid, a quanto pare lo "scemo del villaggio". Fotografiamo il lago e facciamo pranzo a Taza in una panetteria che non ha pane, rimpinzandoci di dolci strani simili a bombe, dopo aver scoperto che i bar non hanno nulla da mangiare. Da Taza percorriamo una bella strada passando da Aknoul per tornare sulla costiera e poi a Nador, dove rischiamo un incidente con un petit taxi che guardava le farfalle.
All'albergo Ismail il simpatico gestore mi fa parcheggiare la moto nel bar per la notte e ceniamo in un locale dove Maria conversa in tedesco col titolare. Ha imparato in Germania da un turco a fare il kebab, e lo assaggiamo con le patatine. Nel negozietto sotto casa scopriamo la sottomarca della Red Bull, la B-52, soprannominata Bin Laden per l'iniziale e per il disegno dell'aereo, molto macabro.


giorno 15, 16 e 17

Come se non dovessimo già fare abbastanza dogana oggi, decidiamo di visitare Melilla, enclave spagnola per cui è richiesta la solita tiritera burocratica. Pascoliamo un po' in città attendendo l'ora di pranzo, poi torniamo all'albergo a fare i bagagli, facciamo l'ultimo pieno e alle 15 siamo all'imbarco, negli uffici smantellati della Comanav. Conosciamo al porto un simpatico francese con un Africa Twin e facciamo amicizia coi doganieri nell'attesa.
Il viaggio in nave scorre tranquillo a parte l'incubo del pollo-giallo col riso della mensa. Domenica sbarchiamo a Sete e ci sciroppiamo gli ultimi 500 km per tornare a casa. Quando arrivo in garage giro la chiave e penso "mitico, non abbiamo bucato!".



Note sul viaggio:

IL VIAGGIO è stato compiuto in 12 giorni, cui vanno aggiunti circa 3 giorni di trasferimento in nave.

LA MOTO utilizzata è un Transalp 600 del '93, completamente di serie e gommato con Michelin T63. "Ovviamente" la moto non ha dato nessun problema ed ha digerito tutti i terreni viaggiando sempre a pieno carico e in due. Per saperne di più sul "mondo Transalp" www.transalp.it e www.netraiders.net

LA NAVE che ci ha portato in Marocco è la Oujda, della Comanav, compagnia marocchina di navigazione. La tratta scelta è la Sete (FR) - Nador (MAR), disponibile solo nei mesi estivi e che ha prezzi decisamente inferiori e più abbordabili rispetto alla Genova - Tangeri. Dopo lunghe (e quando dico lunghe intendo eterne) ricerche abbiamo scoperto che a Torino solo l'agenzia di viaggi 747 (via Milano 13, tel.011/5214459), comprava i biglietti direttamente dalla compagnia marocchina, tutte le altre agenzie invece si affidano all'importatore italiano, Edlane Viaggi di Roma, con l'ovvio ricarico. Usufruendo della tariffa per marocchini/studenti/minori di 26 anni la cabina di andata/ritorno ci è costata solo 439 euro, pasti compresi. Tenete presente che in una cabina quadrupla vengono separate le donne dagli uomini! Il viaggio dura 36 ore "di listino", ma potete tranquillamente calcolarne 38. www.comanav.com

LA GUIDA scelta è quella della Lonely Planet, edizione 2005. Quasi indispensabile per scegliere l'albergo senza farsi assalire dai procacciatori, sempre dettagliata e utile in molti casi. Se decidete di acquistarla, un buon posto dove farlo è la Torre di Abele a Torino, via Pietro Micca 22, dove troverete Maria a consigliarvi ;-) Prezzo 23,5 euro. www.lonelyplanet.com

LA CARTINA è ovviamente quella della Michelin. La 742 ha una scala 1/1.000.000, che per un paese così sconfinato è più che sufficiente. www.viamichelin.it

I BAGAGLI dovevano come sempre essere ridotti all'indispensabile ed anche meno. Un bauletto laterale a testa ed una sacca per materiale subacqueo Decathlon sul portapacchi con i ricambi, antipioggia e sacchi a pelo. Questi ultimi sono indispensabili se non volete coricarvi su lenzuola su cui probabilmente la sera prima si è sdraiato un cammello. Per i bauletti consigliamo www.givi.it, per la sacca www.decathlon.it e per i sacchi a pelo www.ferrino.it

LA CARTA VERDE è obbligatoria in Marocco, è possibile stipulare una polizza temporanea sul posto ma solo a Tangeri, quindi per sbarcare a Nador conviene affidarsi gratuitamente al proprio assicuratore, risparmiando circa 80 euro.

L'ASSICURAZIONE per sè, oltre che per la moto ovviamente, è "cosa buona e giusta". Noi ci siamo affidati a EuropAssistance con una polizza da 46 euro a testa www.europassistance.it
L'ORA marocchina è indietro rispetto alla nostra di un fuso orario, ma nel periodo estivo bisogna contare due ore in meno perchè non adottano l'ora legale. Sulla nave invece si conta un'ora in meno rispetto a noi, ma una in più rispetto al Marocco... insomma un disastro, non riuscivamo a capire a che ora saremmo sbarcati effettivamente e quando alla sera inviavamo un sms ai genitori per tranquillizzarli in Italia era già tardissimo.

LA MONETA corrente è il dirham. Poiché un euro equivale a circa 11 dh con buona approssimazione potrete conoscere il "nostro" prezzo dividendo semplicemente per 10, metodo tra l'altro adottato correntemente da tutti i commercianti locali. Noi con meno di 400 euro a testa non ci siamo fatti mancare nulla, compreso qualche souvenir tipico e qualche mancia.
Ci hanno colpito molto le parole di tanti marocchini, interessati e non, dai doganieri ai commercianti, dalla gente incontrata per strada ai proprietari degli alberghi, che si interessavano per sapere se il nostro viaggio era stato piacevole e che ci invitavano amichevolmente a dirlo ai nostri amici e parenti e portare anche loro in Marocco. Questa terra incredibile ha molto da offrire ed ha realmente bisogno del turismo per sostenersi, gli abitanti ne sono coscienti e fanno di tutto per rendere speciale la vostra vacanza. Dal canto nostro quindi cercheremo di mettere a disposizione quante più informazioni possibili per facilitare la preparazione di un viaggio in Marocco, non esitate a contattarci per sapere qualsiasi cosa. Inutile dire che non vediamo l'ora di tornarci.

Fabio e Maria