Treviso: Osteria dell'oca bianca

L'insegna è di quelle che ti invogliano. Sospesa sul viottolo, mostra un'oca bianca in campo verde.

Il locale è ampio, i tavoli ben spaziati. Un po' di musica jazz in sottofondo crea quel po' di ambiente senza invadere lo spazio sonoro, così si può conversare a bassa voce senza infastidire nessuno. Ci sediamo in un angolo.

Scelgo dei tortelloni di magro con le erbette e burro. Il burro è un biglietto da visita: trasparente, di un bel colore paglierino. Le erbette sono una promessa: finirà anche l'inverno e torneranno i profumi del basilico, del timo. Segue una fetta di storione su un letto di funghi. Mi sento in colpa: lo storione è un pesce minacciato. In Italia si può pescare a partire dalla ridicola misura di settantacinque centimetri di lunghezza (uno storione bebè). Tant'è: non l'ho mai mangiato e lo voglio assaggiare. I pensieri etici, forse malauguratamente, vengono dopo e comunque se non lo assaporassi io ci penserebbe qualcun altro. Arriva la fetta di pesce, adagiata su due cappelli di fungo e radicchio. Il tutto è spruzzato di aneto. Sarò goloso, ma per un attimo si squarciano le nubi e intravvedo il Paradiso. Sento le Uri affiancate alle Walkirie. Masticando chiudo gli occhi. Poi torno a Treviso. Doris mi guarda e chiede - è buono? - Riesco a risponderle -MMMH! -

Il vino della casa è onesto e supera in qualità molti altri vini omonimi.
Termino con un caffè e una grappa di Ramandolo, un vitigno locale che si sovrappone ai benefici dello storione. E' una grappa lunga e capricciosa che si trattiene sul palato, sulla lingua o nel gagarozzo a dipendenza dell'entità del sorso. Profumata, forte, vale il sorseggio.

Alla fine ce la caviamo con 30 - 35 euri a capo. Molti, forse, ma il godimento non ha prezzo.