2010 - Girostriscione - Aosta - Vialfre' (TO) - 25 Aprile

Autore del report: Alessandro Margnetti alias Orso con due indicazioni di Fabrizio Comodo alias Acquasanta

Autore delle foto: Alessandro Margnetti alias Orso e Fabio Attadio alias Fable

Km percorsi: 110

Tedofori:

immagine 
Fabrizio Comodo alias Acquasanta
immagine 
Alessandro Margnetti alias Orso
immagine 
Luca Barozzi alias Batelott
 

Sorseggiando il caffè all'ombra dell'arco di Augusto, poi intrattenendomi piacevolmente con i Gianduja arrivati ad Aosta per il passaggio del testimone, 

immagine

pensavo di poter percorrere gli ultimi chilometri della tappa senza troppi pensieri, senza più altri compiti da svolgere. Credo però che per qualche tacito accordo la descrizione di questi ultimi chilometri spetti ancora a me.
immagine

Quando la fotografia era ancora analogica e noi si fissava i ricordi sul 36 mm, capitava che gli ultimi scatti fossero sovrapposti o semiesposti perché la pellicola slittava. Anche il mio cervello, negli ultimi chilometri, è slittato un poco e ho fissato immagini, sensazioni, più che un film coerente.
La prima fotografia è quella di un cospicuo gruppo di motociclette che dal baretto in piazza si avvia imboccando la statale 26, che nel primo pezzo si chiama rue d'Ivrea (pronuncia "ivreà") per fermarsi poco dopo al Motor america, un grosso emporio dedicato alla motocicletta, con bar annesso, dove Fabri deve recuperare una sella più adatta al posteriore di quella normalmente fornita dalla Kappa.
Noi ci si idrata e si guarda il ben di Dio in esposizione tra cui spiccano alcuni mezzi d'epoca o rielabiorazioni degne di nota. Alle pareti occhieggiano gigantografie d'epoca: poliziotti con splendide Harley Davidson dal serbatoio a forma di scatola, Steve Mac Queen, severi personaggi a bordo di moto che fanno sognare.
Si riparte scendendo la sponda sinistra della Dora, poi si devia a sinistra, non so bene dove e ci si inerpica lungo un'infinita serie di tornanti. Il paesaggio sarebbe anche godibile se si salisse a ritmo più tranquillo, ma non è il caso. Non so chi sia l'apripista, certo qualcuno che conosce bene la strada e che non ha quattrocento chilometri nel culo, nelle braccia e nella testa. Faccio del mio meglio e credo di riuscire a pelare ancora un poco le spalle delle Scorpion. In un paio di curve, tuttavia, arrivo lungo e ho il mio daffare di freno e frizione e cambio convulso per non imballare il motore.
A tratti si traversano ampi terrazzi, letti di antichi ghiacciai che si sono poi esauriti sull'attuale fondovalle. il fondo della strad apeggiora e si scollina dopo una pausa su un ampio spiazzo che si presta a una foto di gruppo. Siamo sul Pantaleon.
immagine

Si scende su Saint Vincent, si zigzaga tra vie lastricate e strette, si imbocca una stradina che esce dal paese e si ricomincia ad arrampicare. In alto ci attende un piccolo rifugio. Parecchi ne approfittano per due chiacchiere tecniche, qualcuno per un caffè, io per una birra bevuta alla salute di Joan Baez che cinque anni fa ha mangiato qui e il cui passaggio è testimoniato da alcune fotografie, un po' defilate, appese a una parete. Si sale ancora un poco, si passa il Col de Joux e si ridiscende. Non so verso dove. La valle si allarga, ogni tanto qualcuno si stacca dal gruppo con un colpetto di clacson. Attraversiamo le campagne del Canavese lungo stradine strette e piacevoli. 
Ci accoglie la bella casa di Fabri e Silvia che a loro volta stappano alcune piacevoli bottiglie di bianco provenienti dagli antipodi della penisola e, se ho capito bene, segnalati se non forniti da Gegé. 
Una rapida doccia. Poi Ruggi, poi Fable, nonno Aldo, Betticurtis e rispettive consorti ci raggiungono e si va a cena e si cazzeggia e con Fabri si beve un whisky e alzi la mano chi non lo beve...e chi pensa di berlo... e chi vuole andare a letto... e si va a dormire alle due.
immagine

Grazie amici cari!
Ale