2010 - Girostriscione Verona - Brescia - 11 Aprile

 

Verona - Brescia - 11 Aprile

 

Autore del report: Pietro Nese alias Pinese

Autore delle foto: 

Km percorsi: 238

Tedofori:


Lo riporto:

Nel mattin della domenica passata,
mi alzo e spengo ratto la svegliotta,
che la settim ora è ormai passata.

Devo levarmi or, la testa è rotta,
in Verona ci ho il puntello coi partenti 
e mi vesto ratto ratto a cipollotta.

Il tessuto protettor della salute
tosto vien da quello verde ricoperto, 
e quella con le macchie li soverchia.

Sacra mescola, diss'io, qui fuor si gèla,
e tosto mi rientro nell'androne,
e mi infilo sopra al giubbo un'altra tela,
porcheggiando non d'aver altro maglione.

La moto incuriosita mi favella,
ma che, sei matto, tu non vedi che fuor guazza?
Ci bagnerem lo tutto, financo al sottosella!

Zitta, ronzinanta! Qui non si stà, 
lo garrulo striscion di amica lissta,
voglio veder garrire in piazza Brà!

Verona! Mi fa quella, un po' impudente,
Ma lo sai che io non son Eur-uno o mille,
se ti beccano gli sgherri, deficiente,
ti sequestran lo libretto e son scintille!

Ma che vuoi che ti succeda, o desiàta,
mica andrem per le piazze del cagnazzo,
dove la ria Giulietta, giovinotta,
decise di immolarsi per il....pazzo

Romea, sei tu romea? No, i son cotella,
che va piana da Verona al rovigotto,
con l'asfalto rabberciato che sbudella.

Mi chiaman l'assassina del Rovigo, 
con la feral lamiera posta in mezzo,
che ti consente di aumentar la manovella.

Ma se paura fa novanta, a centodieci,
se per sfiga ti ci fai una scivolata,
ti ritrovi dentr'alla coop ammortadella.

Non so se sia più astuto chi nell'acqua 
preda i pesci o pinneggia quietamente
di sicuro non son io, l'infradiciato,
a contender il vessillo del vincente.

Zuppo arrivo nel contado dei carristi, 
e mi dilungo attendendo i convenuti, 
a parlar col cellulare ai pòri cristi
che domenica mattin no l'han spegnuti.

Quand'al punto ci si vede coi crociati
che non si sprecan che a far `na salutata,
deduco che il gegè in quell'dell'arco,
lì ci attenda con la honda già sguainata.

La statale per Bolzano è cosa bella,
curva a destra, poi a manca, su una ruota,
scendo fischio me lo scrollo son già in sella,
questa strada gli è cos'ormai arci-arcinota.

All'arrivo sotto il monte col castello,
la mia Tia ahimè schiarisce la tonsilla.
Cosa c'è, le faccio io, qui sul più bello?
Ma, mi sa che mi s'è fottù la centralilla.

Lo contagiri funzia ancor, non è la manca,
gli è quella dritta che s'ando alle prostitute,
Ahimè Eugè, addio allo contimbanca!

Ei m'offre la centràl dall'altra moto,
giura che me la rendi, o scapestrato,
mano sul cuor e dillo, fammi il voto!

Giuro sul mio bel ben, assai più caro, 
esimio agpprontator di gran carene,
di riportarla a te che l'hai serbata
per quello che ti mise sulle scene!

L'ascaro sul ledro espon il gran pavese,
si fanno qua e là due foto, si beve un sorso,
mentre il lucidér vien giù dal milanese.

Ragazzi, piove brutto! è tutto un botto!
L'acqua è lenta e molle e ci si inzacca
Non so se dico male, ma mi ci butto, 
Migliore della moto fors'era il canotto!

Andiam, si mangi! Forza! Léna!
Guru, sii tu lo duce, dicci duce!
Ciò fame, che, sta aperto da Milena?

La pappa su ci aspetta, l'ora è tarda,
si guizza ratti ratti verso il pasto 
e non guasta che chi l'offre sia maliarda.

Azzurra d'occhi, viola il crine, bella!
ci sciorina lo menù pantagruello
e lesti offriamo alla gran fata la gamella

Lumache, spatzl, fette di maiale,
polenta molesìna e cipollotti,
lasagne con il capro e poi guanciale,
col vin del caspio a scorrere nei gotti.

Bellun corteggiator, orsù, dai, paga!
perché degg'io?, Sì faccian pure gli altri!
si liscia un venti lì, e ci si sbraga.

Dal balco prospiciente la vallata,
il Rovere si vede giù dormiente.
Son sbronzo, qui mi fò una marmellata,
e se pur io resto in vita, addio patente!

Madò, son fatt' anch'io, non ci ho più gli occhi, 
fa i veneti dal naso ciliegioso,
mi par, anzi no, sì, par che fiocchi!

Aìta, fanti miei, giù dal dirupo!
Torniam su strade note, giù in vallata,
se no si dorme qui insiem col lupo!

La strada è angusta assai, ma col merlotto,
guardando i ciuffi blu della verbena,
Scendiam fulminei senza far mancun botto.

Addio, compari, miei, che arrivo tardi
Casal mi vuol, orsù, baci alla sposa!
tu trovatene una, Belluno, che ti garbi!

I malcrinuti in gioco testano lor zucche, 
facendo a gara a chi ha lo menor pelo, 
vince su tutti il ghost, che si accommiata.

Poi su Verona, `tacci, alla mia adorata,
duole la gola ancor, li giri a zero.
L'è quella di manca anch'ea, che s'accommiata.

Rimonto la bastarda che stamane,
in Arco sospirò "ahimè porélla".
Parte ella al vòl, nata da un càne.
Ma vaffancul' atté e a tua sorella!

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